Racconti

La Teoria Elementale
Il fragmento
Firenze, 9 Settembre 2009.
Tre ragazzi escono dalla chiesa di Santa Croce, in cui si è appena tenuta la messa domenicale. Fabrizio indossa uno strano cappellino rosso, messo peraltro al contrario, che porta anche nelle ore più intime della notte, per proteggere il capo dal raffreddato clima autunnale, dopo la drastica decisione di radersi a zero i lunghi capelli biondi.
Giacomo:
Ma non ti vergogni con quel cappello? E poi in chiesa potresti anche toglierlo… Che elemento che sei!
Fabrizio:
Magari!
Giacomo:
No, dico davvero, con quel cappellino sei assurdo!
Giacomo era un rigido osservatore delle regole e delle consuetudini, quei ragazzi che ricalcano le orme dei padri nella funzione di guardiani di usanze e costumi, e che invecchiando concedono sempre meno svago al piacere, alla fantasia e al libero arbitrio.
Fabrizio:
Beh, gli elementi in realtà non muoiono.
Giacomo:
Che vuoi dire?
Luca:
Vuol dire che non è un elemento, ma è qualcosa di più complesso. Pensa da quanti elementi è costituito.
Giacomo:
Ah, era una battuta. Scusa ma a quest’ora di mattina mi ci vuole un po’.
Sembrava una frase fatta, ma in qualche modo rispecchiava la situazione di Giacomo, costretto dalla disoccupazione ad alzarsi più tardi di quanto davvero volesse. E anche la domenica mattina rimaneva assonnato a lungo, prima di ritrovare una normale coscienza di sé e del mondo intorno.
Luca:
Non era una battuta.
Giacomo:
Va be’, come la chiamate voi, un’associazione evasiva. Ma credimi, se non prendo un caffè, non ce la faccio.
I ragazzi si dirigono verso un bar. Il fatto che il caffè fosse consumato comunente da tutti, era per lui un pretesto per legittimarne l’assunzione in quantità esagerate, senza rimorsi verso la morale e i paradigmi dell’educazione.
Fabrizio:
La messa non ti è bastata?
Giacomo:
Figurati! Il concerto d’organo non ci voleva. Ho sognato di tutto, finché non ha suonato finalmente la campanella dell’eucarestia. Ma voi cosa ci facevate a messa? Vi siete convertiti?
Fabrizio:
No, in realtà è proprio per il discorso elementale.
Giacomo:
Elementale? Vuoi dire forse elementare? Ma di quale discorso parli?
Luca:
Un discorso che è venuto fuori ieri alla riunione.
Giacomo:
Quale riunione?
Fabrizio:
Quella di condominio, ma il discorso a un certo punto ha preso un’altra direzione.
Una di quelle riunioni a cui di solito non va mai nessuno. Chissà perché quella sera c’erano tutti, anche la signora Anselma, di 92 anni suonati. Anche l’amministratore si era ben disposto a quella routine di lamentele, che quel giorno furono stranamente soppiantate da discorsi interessanti su varie situazioni di convivenza condominiale.
Luca:
In realtà è successo dopo la riunione, fra i pochi rimasti. La moglie del Cadilli e un signore del primo piano sono chimici e hanno iniziato a dialogare su alcune loro riflessioni molto interessanti.
Fabrizio:
No, quello del primo piano è un biologo.
Luca:
Sì, va be’, quello che è.
Fabrizio:
Poi il Biagi, che è un ingegnere fisico, ha avuto modo di dire anche la sua.
Giacomo:
Cos’è un ingegnere fisico?
Luca:
Non lo so. Sarà una nuova specializzazione. Sai, col dilagare della formazione interdisciplinare.
Dopo quarant’anni di tentativi per ostacolare l’avvento della cosiddetta nuova era, l’uomo aveva lentamente rivalutato l’importanza della cultura interdisciplinare, rilegando soltanto ai meno portati quella specialistica, che aveva dominato fino a tutto il ventesimo secolo. I più anziani professori di molti istituti e coloro, che in seguito ad anni di attesa e pubblicazioni stavano per accedere al posto ambito, si ritrovarono improvvisamente alle dipendenze dei vari dipartimenti eclettici, sorti dall’intenso lavoro svolto negli ultimi anni dagli istituti di ricostruzione umanista dei vari distretti delle grandi città.
Fabrizio:
E poi ci si è messo anche l’amministratore. Ha fatto gli straordinari.
Giacomo:
Sì, ma insomma, che avete fatto? Avete deciso di andare tutti a messa?
Fabrizio:
No, quello lo abbiamo deciso solo noi, e soltanto dopo. Luca si era ricordato di aver letto che alla messa di stamattina ci sarebbe stato un concerto d’organo, e era quindi l’occasione per controllare ciò che era venuto fuori dopo la riunione.
Giacomo:
Ah, mi sembrava strano che due aspiranti scienziati come voi si convertissero alla fede.
Fabrizio:
Non credere che il fatto di non andare a messa significhi necessariamente mancanza di fede.
Giacomo:
Beh, è la prova pratica. È ciò che ti fa essere oltre al pensare.
Giacomo veniva da una recente esperienza semestrale di pratica buddista, che aveva accentuato leggermente la qualità filosofica dei suoi discorsi, che ripeteva peraltro principalmente per sentito dire. Non era comunque mai caduto nella tentazione di abbandonare la fede di famiglia.
Luca:
Mi sembri Fabrizio. A frequentarlo hai preso un modo di esprimerti pseudofilosofico.
Giacomo:
Vedrai, a forza di sentire i vostri discorsi. Ma mi dite di ieri sera?
Fabrizio:
Beh, alla fine ne è venuta fuori una teoria elementale.
Fabrizio si crogiolava spesso nell’utilizzo di nuovi vocaboli, quasi volesse sorprendere l’interlocutore, almeno per quel tanto che basta a rubargli un attimo di attenzione.
Giacomo:
Cioè?
Fabrizio:
Cioè una teoria degli elementi, in distinzione al non-elemento, ovvero l’essere organico.
Luca:
In pratica noi come esseri organici ci distinguiamo dagli elementi.
Giacomo:
Beh, mi sembra ovvio. E sarebbe questa la vostra teoria?
Da bravo disfattista qual era, Giacomo si assumeva spesso e volentieri l’onore e l’onere di smitizzare ogni nuova intuizione e iniziativa altrui. Sembrava che il suo inconscio si divertisse a infondere alla propria vita un sano e tranquillizzante sapore di ovvietà. Le sue frasi preferite erano «ma è chiaro», «è naturale», «è logico», «è ovvio». Seguiva del resto un modo di fare molto diffuso a quel tempo, che avrebbe operato ancora a lungo nel frenare l’evoluzione cognitiva dell’umanità, che sembrava peraltro non poter più trattenere un certo desiderio di rivalsa.
Fabrizio:
Questa ne è sicuramente una conseguenza.
Luca:
Certo, e anche un indizio. Ma non è esattamente ciò che abbiamo scoperto.
Giacomo:
Ah, si passa già alle scoperte.
Le scoperte sì che gli davano fastidio. Era anche un fatto di prestigio. Lui non avrebbe scoperto mai nulla nella sua vita e lo sapeva benissimo, era la sua natura, e accettare il fatto che qualcun altro potesse davvero aver fatto una scoperta, significava in un certo senso dover ammettere di essere inferiore a lui. La sua fragilità sarebbe emersa, i suoi sistemi di difesa messi a dura prova, e non aveva alcuna intenzione di compensare con quantità spropositate di dolciumi la tristezza che poteva affiorare da constatazioni di questo tipo. Di questo però in realtà lui non era consapevole. Come la maggior parte delle persone di quell’epoca, viveva le sue dinamiche psicoemotive in modo quasi totalmente inconscio.
Fabrizio:
L’essere organico non è soltanto un’altra cosa rispetto all’essere inorganico. Sembra che l’essere organico si differenzi attivamente dall’essere inorganico.
Giacomo:
Cioè lo farebbe volontariamente?
Fabrizio:
Esatto, la nascita del mondo organico corrisponderebbe a un atto di volontà.
Giacomo:
Tutto questo per dire che gli elementi inorganici non hanno volontà, bella scoperta.
Un altro tentativo di ridimensionare l’enfasi dei suoi amici. Il tono di Fabrizio diventa a questo punto più deciso, quasi spazientito e allo stesso tempo in parte sarcastico.
Fabrizio:
Non capisci? Che bisogno c’era per l’elemento di diventare organico?
Giacomo sembrava a questo punto un po’ stanco e anche abbastanza stordito da quei discorsi così impegnativi, che stavano scivolando peraltro sempre più nell’assurdo.
Giacomo:
Cioè? Un caffè per favore (rivolgendosi al barista).
Luca:
Beh, sempre che la teoria dell’universo abbia un fondo di verità, in qualsiasi delle sue versioni, sono sempre gli elementi a determinarne l’andamento.
Fabrizio:
Non c’è fato, non c’è storia, non c’è niente, se non elementi. All’inizio c’è una massa che esplode, creando l’universo e il tempo, e poi in un modo o nell’altro, tramite rallentamento o attraverso i buchi neri, reimplode ritornando ciò che era.
I due si sostenevano a vicenda, e per Giacomo era sempre più difficile dissentire. Luca e Fabrizio avevano poi discusso di quell’argomento insieme ad altre persone (peraltro biologi e fisici), e quindi doveva pur trattarsi in fondo di qualcosa di quasi serio.
Giacomo:
E allora?
Fabrizio:
Allora che bisogno c’era della nascita dell’essere organico, se il destino dell’universo era già preordinato?
Giacomo:
Già, infatti, nessun bisogno. È per questo che non disprezzo l’atteggiamento nichilista che possono avere a volte Lucia o Stefano di fronte alla vita.
Fabrizio:
Sbagliato! L’essere organico ha invece una sua funzione. Nasce come antitesi all’elemento.
Luca:
L’elemento rappresenta il meccanismo e la normalità, il cosmo, la perfezione, l’universo prima, durante e dopo. Niente può dargli fastidio se non un evento imprevisto e imprevedibile, la trasformazione dell’elemento in essere organico, cioè in organo, per ritornare al discorso del concerto di stamattina.
Giacomo:
Sì, in fisarmonica. Ora si passa agli strumenti musicali.
Luca:
Esatto, hai detto involontariamente una cosa giusta. Il movimento della fisarmonica riprende il concetto universale dell’espandersi e contrarsi, e è legato anche al concetto di organo, che però dà origine al fenomeno esattamente opposo.
Fabrizio:
All’inizio l’organo mantiene le sembianze dell’universo, riprendendone la metafora delle armoniche e delle onde sonore. E lo può fare anche in modo abbastanza inosservato, tralasciando soltanto il fatto dell’espandersi e contrarsi tipico degli strumenti aerofoni a mantice, come la fisarmonica.
Giacomo:
Ma chi te l’ha detto che l’organo è stato inventato dopo la fisarmonica?
Giacomo iniziava stranamente a interessarsi a quelle fantasticherie, quasi avesse piacere sotto sotto che qualcuno al posto suo, della sua incapacità, riuscisse a dar valore ai propri pensieri, alle proprie invenzioni, alle proprie idee.
Fabrizio:
Non dico questo, mettevo soltanto a confronto la funzione archetipica dei due strumenti.
Luca:
Già. Poi l’organo diventa lui stesso il mezzo del cambiamento, in quanto non più elemento ma strumento. In greco antico organon significava infatti sia elemento che strumento, rappresenta quindi il passaggio, nella coscienza umana, fra il fatto elementale e quello organico, cioè organizzato in forme ed eventi, distinto dal naturale per organizzazione e sequenzialità.
Luca era stato bocciato recentemente a un esame di filosofia, proprio perché aveva tentato di far valere una sua teoria riguardo allo sviluppo della scienza, che a suo parere seguiva metodi definiti e prevedibili, che distruggevano semplicemente i parametri su cui basavano le teorie antecedenti, costruendo soltanto nuovi ma illusori piani di validità. La filosofia era uno di quegli istituti che non avrebbero tanto presto lasciato il posto alle nuove cattedre pluriscienzali che erano ormai diventate il nuovo standard accademico in quasi tutte le facoltà.
Luca:
Il concetto di mezzo non esiste a livello elementale. L’elemento è il mezzo di sé stesso. Non ha infatti senso un concetto di mezzo per un elemento senza fine né scopo.
Giacomo:
Ma guarda questi a cosa vanno a pensare la domenica mattina!
Fabrizio:
No, è una riflessione di ieri sera.
Giacomo:
Ma avete fatto la riunione di sabato?
Fabrizio:
Che vuoi, l’amministratore non è mai libero.
Luca:
Dicevo che il mezzo è un concetto puramente organico, che fa parte del concetto di scopo e di volontà.
Giacomo:
Ancora però non capisco dove vogliate arrivare.
Fabrizio:
Ecco. Il fatto organico nasce come tentativo di cambiare il destino elementale, cioè il destino dell’universo.
Giacomo:
Fammi capire. Gli esseri organici, e quindi anche l’essere umano, che ne è probabilmente uno degli apici a livello evolutivo, è nato per cambiare il destino dell’universo e per tentare di evitarne la riunificazione?
Fabrizio:
Forse.
L’attacco organico
Capsula idrostatica dell’unità di controllo della membrana esterna dell’idrosfera Antidia.
Le immagini sfumano in segnali di interferenza fino a scomparire. Si sentono appena le ultime frasi dei ragazzi. Il maresciallo si era quasi addormentato all’ascolto di quei discorsi, che superavano qualsiasi velleità intellettuale a cui lui potesse mai anche solo pensare di anelare. Uno dei due labili spegne il riproduttore energetico e ne estrae il fragmento, consegnandolo al maresciallo.
Maresciallo:
E questo è tutto?
1° Labile:
Sì, signore, il fragmento finisce qui.
2° Labile:
Ci sono alcune appendici indecifrabili.
Maresciallo:
Dove l’avete rinvenuto?
2° Labile:
In un riflesso dell’effimero principale, signore.
Maresciallo:
In un effimero? Com’è possibile?
1° Labile:
È apparso durante una comunicazione a inferenza con l’idrosfera H.
Maresciallo:
I soliti ribelli! Ora si servono degli effimeri! Gran bel lavoro ragazzi!
Il maresciallo aveva ripreso vigore alla notizia dello smascheramento di un’azione dei ribelli. Se non era una cima di intelligenza, rivestiva quanto meno un ruolo di primo piano nella difesa dell’idrosfera e questo potere gli conferiva più soddisfazioni di quante potessero effettivamente servire al fabbisogno di un essere di coscienza genetica preformata.
1° Labile:
Grazie, signore.
Maresciallo:
Non mi sembra però un fragmento della nostra idrosfera. Ne avete identificata la provenienza?
1° Labile:
Universo 12, signore.
Maresciallo:
Mmh, universo 12, vediamo... Eccolo! Eh, no, rilevamento errato ragazzi, l’universo 12 è imploso da tempo. Chi ha effettuato il rilevamento?
2° Labile:
Io stesso, signore.
1° Labile:
Anch’io ero presente, signore.
Maresciallo:
Ricontrollate.
1° Labile:
Già fatto, signore.
Maresciallo:
Beh, ci sarà una spiegazione! Guardate di chiarire il mistero, non mi piace questa storia dei ribelli.
Chissà poi perché dava tanto peso ai ribelli, quando non esistevano precedenti di rivolte andate in qualche modo a buon fine nell’intera storia dell’idrosfera.
1° Labile:
Crediamo che non c’entrino i ribelli, signore.
2° Labile:
È sicuro che l’Universo 12 sia imploso, signore?
Maresciallo:
Naturalmente. Il segnale che riceviamo non lascia alcun dubbio. Se però lei stesso ha controllato la provenienza del fragmento, non so cosa dire. L’universo 12 non può implodere lasciando fuori una parte della sua forma energetica. Ricontrollate ancora l’origine del fragmento.
2° Labile:
Guardi lei stesso, signore.
1° Labile:
L’origine è esatta, signore.
Maresciallo:
Mi prendete in giro? Come mai riceviamo allora un segnale di implosione completa?
1° Labile:
L’unica possibilità è che si tratti di un segnale virtuale signore.
Maresciallo:
Da quando in qua un sistema elementale può indurre un segnale virtuale?
1° Labile:
Non può, signore.
Maresciallo:
E allora?
2° Labile:
Beh, signore, abbiamo effettuato una simulazione a ritroso dell’andamento dell’universo 12 a partire dall’emissione energetica del fragmento, che risulta essere molto antico, e l’analisi è in realtà ancora in corso, comunque ci ha già fornito la spiegazione del ritrovamento. La nascita imprevista di una forma di organismi autorganizzanti nell’universo 12 ha sconvolto la curva dell’andamento elementale prestabilito, trasformandolo in un andamento organico. È quindi riuscita a modificare il segnale di emissione universale, prima che ne rilevassimo l’alterazione.
Maresciallo:
Non è possibile. Intervenite immediatamente sulla stabilità dell’universo 12!
1° Labile:
Impossibile, signore.
Maresciallo:
Perché impossibile?
2° Labile:
Non esiste più un universo 12, signore.
Maresciallo:
Ah, bene, gli organismi autorganizzanti si sono quindi autoannientati. Beh, meglio così.
1° Labile:
No signore. L’area dell’universo 12 si è espansa a inglobare le aree degli universi 4, 5 e 8, che dall’epoca dell’evacuazione non erano più sotto controllo da parte di nessuna idrosfera, come da legislazione intergalattica, signore.
Maresciallo:
Non è possibile, stiamo scherzando. Cosa possiamo fare allora a questo punto?
Si sente suonare un allarme, il rilevatore di stabilità degli effimeri del sistema di integrità di frontiera inizia a lampeggiare freneticamente. La capsula idrostatica dell’unità di controllo della membrana idrosferica viene colpita da un’onda nanosonora a propagazione interstanziale, perché solo questo tipo di onde avrebbe potuto violare il sistema di sicurezza a stanze nanomateriche dell’idrosfera. Si sente un tonfo sordo. Il maresciallo e i due labili vengono sbattuti a terra.
2° Labile:
Difenderci, signore. Ci stanno attaccando...
Firenze, settembre 1993
Andrea Vaccari